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Sommario,abstract
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Il saggio si apre con un elogio da parte della Follia, che parla in prima persona di se stessa. Essa prende poi le distanze dai "mortali", lasciando quindi intendere la sua natura divina. La Follia si proclama figlia di Pluto, dio della ricchezza e della giovinezza, e dice inoltre di essere stata allevata dall'Ignoranza e dall'Ubriachezza. I suoi più fedeli compagni sono Philautia (Vanità), Kolakia (Adulazione), Lethe (Dimenticanza), Misoponia (Accidia), Hedonè (Piacere), Anoia (Demenza), Tryphe (Licenziosità), Komos (Intemperanza) ed Eegretos Hypnos (sonno mortale). La Follia descrive se stessa come portatrice di allegria e spensieratezza e giustifica l'autoelogio con la sua natura schietta, che si rivela anche nel linguaggio diretto. Nel saggio si riportano numerosi esempi e citazioni a favore della grandezza della Pazzia e della sua utilità per la felicità dell'essere umano: essa si rivela infatti insita in esso fin dall'atto stesso della nascita, che non potrebbe avvenire senza la sua presenza, e ci accompagna durante tutta la vita, aiutandoci nelle relazioni interpersonali e nell'autocompiacimento fino alla vecchiaia, che "neppure ci sarebbe se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza". Nell'ultima parte il testo si concentra sulla realizzazione di un esame critico degli abusi della dottrina cattolica e di alcune pratiche corrotte della Chiesa cattolica romana (alla quale peraltro Erasmo era stato sempre fedele). La posizione critica si estende però solo ai religiosi - senza tuttavia risparmiare nessuno, dagli ordini mendicanti ai pontefici - e mai a Dio, che è l'unico essere perfetto e che nella sua perfezione ha in sé anche un pizzico di follia. La Follia conclude quindi il suo elogio dicendosi "dimentica di quello che ha appena detto" ed invitando gli ascoltatori stessi a scordare l'orazione, spronandoli piuttosto ad applaudire, vivere e bere.
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